english version

La lettura e più in generale la percezione di un evento d'arte ( dipinto, scultura, istallazione ecc. ), passano attraverso la visione e la persistenza dello sguardo, dunque anche lo sguardo vorrà essere alfabetizzato!...
Credo che l'ellisse mentale entri in gioco a questo punto, senza mai sconnettersi dalle dinamiche della visione, come parte attiva di una circolarità. A tale riguardo sarà opportuno citare Marleau-Ponty:
"Forse ora ci rendiamo meglio conto di tutto ciò che contiene questa piccola parola vedere. La visione non è una certa modalità del pensiero, o presenza a se: è il mezzo che mi è dato per essere assente da me stesso, per assistere dall'interno alla fissione dell'Essere, al termine della quale soltanto mi richiudo su di me"

C'è molta solitudine in chi fa uso della rete, numeri infiniti che restituiscono tutti noi insignificanti. Fretta, disattenzione, analfabetismo dello sguardo, schemi mentali coniugati a curiosità mondane, pura contabilità.
Un dipinto di Bacon o Giacometti è illeggibile sul display per quel tanto di tenero, maniacale o doloroso, che sotteso all'immagine vive dentro la materia di quel dipinto. Lo schermo del computer ci fornisce informazioni, una sciagurata parzialità.





L'arte vive di una complessità e di un mistero speculari alla nostra individuale complessità. È dunque uno scambio problematico, faticoso, a volte devastante, ma questo è l'unico modo di fruizione possibile.

Visitando, per eventi espositivi o siti Internet il teatrino del Contemporaneo, ci si imbatte sempre più spesso in luoghi di disperante frigidità. Luoghi propositivi della loro assiomaticità, assolutamente autoreferenziali, realtà igienizzate.


Siamo sicuri che chi organizza, allestisce mostre, fa giornalismo e produce letteratura d'arte, colga la dimensione fisiologica del fare arte, del mettere in scena e in carne un'appagante e silenziosa pratica ermeneutica?
La cultura degli artisti è anche e soprattutto cultura di ateliers–laboratori.


Sarebbe bene ricordare che il processo del fare è euristico ,cioè un'esperienza di permanente contatto e verifica dei materiali utilizzati con l'idea e le pulsioni generative dell'opera.
A tale riguardo trovo illuminante, stupenda, l'analisi che Didi-Huberman in "La somiglianza per contatto" fa dell'arte di Duchamp: "mai disincarnata o puramente "psicologica": pone la questione del contatto, ossia del rapporto dialettico tra contatto e distanza (rapporto in cui si colloca la nozione di infrasottile)".
Huberman insiste in tal senso: "la sua arte non è fatta di pure "idee", "frasi" o "assiomi", pone invece la questione del materiale, cioè del rapporto dialettico tra il gioco delle ipotesi e il vincolo del materiale"...